The digital money and the Russia Gate

The digital money and the Russia Gate

Nell’era della moneta digitale tutto sembra essere virtualmente possibile, nella metafora quotidiana di un mondo che sta andando in disuso. Gli stessi fautori della block chain, un manipolo di inventori reali, vuole farci credere che la guerra in Ucraina sia la fine del nostro vecchio mondo sociale. Ma questa fine arriva da lontano.

Un articolo del 2016 ricorda quanto sia importante la storia per capire il presente, aiuta ad avere un briciolo di umiltà. Un editoriale del wall street journal di mercoledì 14 dicembre 2016 titolava così:

MA QUALE PERICOLO RUSSIA?

WASHINGTON – “La nomina dell’amministratore delegato di Exxon Mobil, Rex Tillerson, alla guida del dipartimento di Stato Usa, è forse la miglior risposta del presidente eletto Donald Trump al clamore circa la presunta intromissione della Russia nelle elezioni presidenziali statunitensi”.

A scriverlo oggi, sul Wall Street Journal, è l’editorialista Holman W. Jenkins.

Tillerson non risponde al tradizionale profilo del diplomatico nè può vantarne la formazione, ma ha una lunga esperienza di relazioni dirette con il presidente russo Vladimir Putin. si è sempre detto contrario alle sanzioni alla Russia e favorevole a una riappacificazione, ed è certamente nella posizione di potersi confrontare con il Cremlino, ma questo non significa – sottolinea Jenkins – che Tillerson sia un amico di Putin.

Si tratta di un’accusa capziosa e del tutto insensata, specie se proiettata nel contesto di un leader dalle problematiche e dai dilemmi di Putin. Trump – prosegue l’editoriale pubblicato oggi – citando il caso della presunta intromissione della Russia nel processo elettorale Usa, fa bene a ricordare i fallimenti della Cia in merito alle presunte armi di distruzione di massa irachene, anche se non per le ragioni che pensa. Nessun presidente sano di mente lascerebbe che una singola provocazione o un rapporto d’intelligence determinino le sue scelte strategiche”.

“A prescindere dall’approccio che il presidente eletto degli Stati Uniti riserverà alla Russia, Trump fa bene a non farsi trascinare in un confronto diretto con Mosca soltanto perche’ i Democratici a Washington e certi repubblicani fanno chiasso in merito a qualche informazione che a torto a ragione – poco importa – accusa la Russia di aver provato a garantire l’elezione di Trump, questo – sottolinea ancora l’editorialista – a meno di voler davvero sostenere con convinzione che sia stata Mosca a dettare, tramite oscure intromissioni informatiche, l’esito delle elezioni presidenziali o che il presidente eletto Trump sia davvero un fantoccio del Cremlino.

IL VERO PERICOLO PER GLI USA E’ L’ITALIA

Due sciocchezze assolute. Il presidente eletto degli Stati Uniti deve governare, e deve concepire a sangue freddo una politica in merito alla Russia, che e’ potenzialmente l’attore piu’ pericoloso sulla scena internazionale, senza dover puerilmente dimostrare che la  sua amministrazione non e’ manovrata da Putin”.

“Trump – prosegue il Wall Street Journal – non ha torto a sospettare che i suoi detrattori e avversari vogliano servirsi dello spettro delle intromissioni russe per screditare la sua presidenza. Quanto alle eventuali intromissioni Russe nel processo elettorale – sostiene l’autore dell’editoriale – sarebbe piu’ sensato supporre che il Cremlino prevedesse come chiunque altro una vittoria della democratica Hillary Clinton e che si sia servito delle rivelazioni a WikiLeaks per indebolirla una volta che quest’ultima avesse assunto la presidenza, Washington – afferma l’autore dell’articolo, Jenkins – farebbe bene a gestire i rapporti con la Russia con freddezza e circospezione, evitando confronti diretti con Putin proprio ora che il suo regime entra in una fase declinante.

Putin non ha alcun piano di pensionamento e puntella sempre piu’ il suo consenso domestico con un rischioso e insostenibile interventismo estero, le qualita’ del presidente eletto Trump saranno anche opinabili e ciò nonostante è difficile sostenere che l’attuale politica statunitense fatta da Obama nei confronti della Russia sia stata un successo.

Detto questo – conclude il Wall Street Journal –  gli Stati Uniti potrebbero presto scoprire che il pericolo maggiore al loro benessere e alla loro sicurezza risiede non tanto nella Russia, ma in Italia: una crisi dell’Europa, o comunque della moneta unica, costituirebbero una minaccia reale per tutto quanto di buono Trump intende fare per l’economia statunitense”.

LA MONETA DIGITALE FUORI DALL’EURO

Si fa un gran parlare dell’Euro come di una moneta dalla quale non si può prescindere. Falso. Ogni moneta di conto dovrebbe essere un riferimento alla ricchezza “reale” di un Paese. Alla luce dell’intervento dell’editorialista newyorkese eravamo già nel 2016 di fronte ad una manovra mediatica che con la scusa della guerra commeriale con la Cina, puntava ad indebolire l’Italia e la zona Euro.

La moneta digitale è stata architettata in Giappone più di 50 anni fa insieme ai transistor, all’invenzione della luce e degli interruttori meccanici: apri e chiudi. Niente di più vecchio nella mente dell’uomo. Come l’oro, l’acqua, l’aria e la guerra. Non è forse il vecchio mondo che si vuole restaurare e togliere i diritti fin qui conquistati col sudore, il dolore e il sacrificio di milioni di uomini nella guerra dei potenti?

Così ci si avvia verso quella che viene chiamata la nuova normalità, in attesa che siano ripristinate le libertà precedenti al Covid-19. Ne siamo proprio sicuri?